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CSR, le industrie pharma preferiscono i dipendenti

Dal “Rapporto sull’impegno sociale delle aziende italiane” curato dall’Osservatorio Socialis

lunedì 15 settembre 2014 di Redazione HPS

Tratto da AboutPharma and Medical Devices N°121

Le aziende che investono in responsabilità sociale sono sempre di più. E se la crisi riduce i budget (che appaiono comunque in ripresa) le imprese sanno spendere meglio. Non solo, in prima fila, in questa classifica virtuosa, troviamo il settore farmaceutico, soprattutto per quanto riguarda le misure a favore dei dipendenti. Lo dice il sesto “Rapporto sull’impegno sociale delle aziende italiane” realizzato dall’Osservatorio Socialis, un cantiere di promozione culturale della CSR che ha come obiettivo l’analisi e la promozione dell’impegno sociale delle aziende, delle associazioni, delle istituzioni e delle università.

Cosa accade nel settore farmaceutico?

“Circa il 10% delle aziende intervistate appartiene al settore farmaceutico” spiega Roberto Orsi, direttore dell’Osservatorio Socialis e docente di Governance territoriale e responsabilità sociale. “Stiamo parlando di aziende con più di 80 dipendenti, dislocate al Nord al Centro e al Sud. L’universo del campione e composto da 400 imprese e l’indagine e stata realizzata dall’Istituto Demoscopico IXE con indagine quantitativa campionaria con metodo telefonico CATI”.

Quali sono le tendenze più evidenti che hanno fatto registrare nello specifico le aziende farmaceutiche?

“Possiamo dire – prosegue Orsi – che la nuova rilevazione statistica ci restituisce l’immagine di un tessuto imprenditoriale che dalla crisi ha assimilato molto. Potremmo sintetizzare in questo modo: le risorse sono preziose, i processi determinanti e l’impatto sociale di impresa richiede una strategia precisa”. Orsi prova a dettagliare maggiormente il concetto: “Al di la dei numeri, la prima parola evidenziata dai dati di questo rapporto e ‘attenzione’: attenzione agli sprechi, ai dipendenti, all’ambiente in cui viviamo e che lasciamo ai figli e ai nipoti, al territorio nel quale operiamo. Per questo possiamo dire che sta emergendo, con chiarezza, un nuovo modo di fare ed essere impresa”.

Quali sono le altre parole chiave?

“Ad esempio ‘risparmio’, che in questi anni e diventato obbligatorio, ma che e anche uno dei principali vantaggi dell’agire responsabile, un volano per lo sviluppo della CSR e dell’impresa stessa. Ci riferiamo alla riduzione dei consumi di materie prime e risorse, al maggiore controllo della filiera, a una maggiore attenzione complessiva ai costi”.

E che tipo di strategie CSR stanno mettendo in atto le aziende farmaceutiche?

“A mio avviso il cambiamento più rilevante rispetto all’ultimo rapporto e proprio la scelta delle strategie di CSR: se infatti prima era più diffusa la dimensione esterna della responsabilità sociale, quella collegata ad esempio a donazioni umanitarie, ora e per il futuro le imprese puntano sull’ambiente: il 54% del campione dichiara di aver attivato misure cogenti di contenimento degli sprechi di carta, acqua, illuminazione e avanzi nelle mense; seguono investimenti per migliorare il risparmio energetico (36%), l’introduzione o il potenziamento della raccolta differenziata (33%), nuove tecnologie per limitare l’inquinamento e migliorare lo smaltimento dei rifiuti (33%). In netto calo le donazioni in denaro (solo il 26% dichiara di organizzarle all’interno della propria impresa) e attività filantropiche (24%)”.

Possiamo dire che le farmaceutiche investono più di altri settori in misure a favore dei dipendenti e contro l’inquinamento?

“I nuovi dati parlano chiaro: il settore farmaceutico si e confermato tra i settori più attivi insieme al finance, al commercio e al manifatturiero”. Se la ragione e principalmente motivazionale, si può dedurre che il farmaceutico e in prima linea nella CSR perchè sente di dover recuperare terreno? “Devo attenermi ai numeri. E di sicuro la prima motivazione a fare responsabilita sociale e reputazionale (47%). In seconda battuta viene segnalato l’effetto sul business (27%) e sul clima interno (27%). A un terzo livello si trovano poi le motivazioni di ordine morale (la CSR come contributo d’impresa allo sviluppo sostenibile) e il rapporto con amministrazioni e stakeholders. Coerentemente, il principale criterio di scelta delle iniziative da sostenere o attuare e la loro visibilità (40%); poi l’area geografica (31%), ovvero il legame con il territorio, a sottolineare l’obiettivo di influire nei rapporti con i soggetti sociali locali; seguono la possibilità di coinvolgere il personale (28%) e quella di misurare i risultati dell’iniziativa (23%).

Nonostante la spiccata motivazione verso il rafforzamento della corporate reputation, il primo vantaggio realmente riconosciuto dalle imprese che hanno fatto CSR e nel miglioramento del clima interno e nel coinvolgimento dei dipendenti: a pensarla cosi il 46% delle aziende; solo il 36% registra invece il verificarsi dell’effettivo ritorno reputazionale prospettato all’inizio”.

Redazione Fedaisf

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