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Medicina territorio in emergenza, dopo Mmg mancheranno specialisti ambulatoriali

I guasti della mancata programmazione «rende incerto il futuro del Servizio sanitario nazionale». Oggi gli specialisti Asl sono in media anziani, il 93% ha più di 40 anni, il 54% ha oltre 55 anni, un terzo degli over 60 è pronto ad andar via prima del 2019.

Quattromila specialisti ambulatoriali in meno: entro 5 anni un terzo della categoria se ne andrà senza essere sostituito. E se ci aggiungiamo i 2 milioni di piemontesi che resteranno senza medico di famiglia nel 2024 stimati da Fimmg e qualche altro milione di italiani nelle stesse condizioni, si prefigura uno spopolamento di camici, con buona pace di governo e regioni che puntano a rafforzare la medicina del territorio.

Da una ricerca dell’Università Ca’ Foscari di Venezia al 47° congresso Sumai Assoprof emergono i guasti della mancata programmazione che – per dirla con il leader del principale sindacato degli specialisti Asl Roberto Lala– «rende incerto il futuro del Servizio sanitario nazionale». Per centrare l’obiettivo di una sanità territoriale ridisegnata sulle cronicità, capace di prendere in carico prestazioni fin qui impropriamente erogate dagli ospedali, Lala e il Sumai si dichiarano «pronti a sostenere sacrifici ma anche certi che un ulteriore blocco dei contratti rappresenti solo l’ennesima soluzione tampone per rimediare a innumerevoli sprechi dovuti a scelte sbagliate».
L’indagine di Ca’ Foscari sottolinea come oggi gli specialisti Asl siano in media anziani, il 93% ha più di 40 anni, il 54% ha oltre 55 anni, un terzo degli over 60 è pronto ad andar via prima del 2019. In entrata, turn over bloccato e reiterati contratti a tempo indeterminato tra gli under 40 (dove prevalgono le donne, 60% a 40%) prefigurano uno scenario dove difficilmente lo specialista Asl sarà dominante.

Lala è pronto a fare la sua parte in trattativa con la Sisac per definire al meglio i compiti dei responsabili di branca che a livello distrettuale avranno il polso dei colleghi sul territorio, e le regole di ingaggio con i referenti delle aggregazioni funzionali di medici di famiglia. Ma la sua relazione è ricca di interrogativi, e intanto il 44% dei giovani specialisti si ritiene poco valorizzato nel suo lavoro, oltre il 50% lavora in più di una Asl. Mancano i riferimenti territoriali e di stabilizzazione, risorse e rapporti governo-regioni sono nell’incertezza.

Eppure, rassicura Lala, «vogliamo credere e confidare in quanto indicato nel Patto per la salute», non a parole ma attraverso «concrete azioni che non mirano solo alla difesa della categoria ma strategicamente puntano a costruire un futuro certo per la sanità e i cittadini».
Mauro Miserendino

Sabato, 11 Ottobre 2014 – Doctor33

Anaao giovani, anziché regionalizzare concorsi agiamo su turn-over e requisiti

Rivedere il decreto di maggio sui precari per sbloccare i concorsi nelle regioni e, nel lungo periodo, togliere la specialità come prerequisito per esercitare in ospedale: sono le misure che per Anaao Giovani possono garantire un percorso d’ingresso in grado di tutelare i futuri medici Ssn, realizzando in qualche modo la “regionalizzazione” dei concorsi sostenuta da Luca Zaia. Il presidente del Veneto chiede al governo di consentire alla regioni virtuose di assumere professionalità senza vincoli, dopo che migliaia di candidati da tutta Italia si sono presentati, organizzati e inattesi, ai recenti concorsi per infermiere nell’Alta Padovana e ostetrica nel Bellunese.

«Centinaia di ragazzi ogni anno sono formati nel migliore dei modi nel Veneto e hanno diritto di trovare sbocchi professionali nella regione dove risiedono o dove hanno scelto di imparare una professione». Il segretario Anaao Giovani Domenico Montemurro trova le richieste di Zaia per niente banali. «Certo – dice Montemurro – la questione non va ridotta a chi è più bravo o meno a vincere un concorso, agli atenei del Nord contro quelli del Sud, ma è tempo di stabilire dei criteri di “federalismo di assunzioni nelle sedi opportune e in questo caso potrebbe essere la conferenza stato regioni a farlo».

Il problema di fondo è che «in molte realtà i concorsi sono bloccati, a partire dalle regioni in piano di rientro (da dove si muovono più candidati, ndr)». «Peraltro –aggiunge Montemurro- anche il Veneto ha giovani medici precari. In tutta Italia sarebbe il caso di sbloccare con il Patto Salute prioritariamente le assunzioni dei precari già operativi sul suolo della propria regione. A monte però occorre quantificare regione per regione i pensionamenti.

E occorre allentare il meccanismo delle autorizzazioni regionali per l’espletamento dei concorsi oggi richieste per accedere a qualsiasi tipo di contratto, ma senza basi di programmazione alle spalle. A valle c’è il problema dei giovani. «Tra sovrabbondanza di iscrizioni a medicina e scarsità di posti nelle specialità avremo tra qualche anno 12 mila giovani laureati precari e se non si pensa per loro ad una soluzione lavorativa, proposte regionalistiche potrebbero non bastare a proteggere quegli stessi diritti che Zaia afferma».

Montemurro evoca «una sorta di jobs act per il giovane medico, in cui si concilino formazione e lavoro. L’idea sarebbe di eliminare la specialità come prerequisito per i concorsi pubblici ma mantenere l’impegno al conseguimento del titolo, nell’ambito di un percorso che coinvolga in pari misura università e ospedali. Queste norme andrebbero in pratica armonizzate con quelle del Dpcm sui precari dello scorso maggio».
Mauro Miserendino

Sabato, 11 Ottobre 2014 – Doctor33

Redazione Fedaisf

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