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Ogni anno l’Italia “esporta” 200 uomini cavia in Svizzera

Chi sono, cosa fanno, quanto guadagnano gli italiani che si prestano a sperimentare i farmaci. Viaggio nel centro svizzero dove tutto è alla luce del sole. Mentre da noi…

Nino Materi Mar, 29/03/2016 – Il Giornale

Nostro inviato a Mendrisio (Svizzera) – L’annuncio ricorda un po’ gli avvisi delle promozioni commerciali nei supermercati: «Importante! Continua, anche in questi primi mesi del 2016, il reclutamento di donne di età compresa tra 18 e 55 anni per studi clinici in ambito ginecologico, se pensi di poter essere interessata contattaci al numero indicato o registrati tramite il portale per saperne di più».

Ma la clinica Cross Research, nel verde del Canton Ticino, non ha nulla a che vedere con un supermercato, piuttosto sembra uno di quegli alberghi in montagna a conduzione familiare. Solo che qui gli ospiti appartengono a una categoria molto particolare: quella delle cavie umana. Un hotel speciale dove non si paga per soggiornare ma si viene pagati. Alla reception il personale medico, tutto in camice bianco, è impeccabilmente professionale e generoso di informazioni. Il lavoro non manca considerato che la Cross Research ha intercettato anche la «clientela» che in passato si rivolgeva a due strutture analoghe sul medesimo territorio: la (…)(…) Projectpharma Sagl di Taverne, (ancora attiva, ma che non si occupa più di sperimentazione) e l’Institute for pharmacokinetic and analytical studies (IPAS) di Ligornetto (chiuso ormai da tempo).

Nessuno alla Cross Research usa il termine cavia, elegantemente sostituito da volontario. «Il loro utilizzo è una pratica necessariamente immorale, ma moralmente necessaria. Se non si accetta questo principio, non si va da nessuna parte». Il dottor Giovan Maria Zanini parla con cognizione di causa. Glielo impone il suo ruolo di presidente del Comitato etico che controlla e disciplina la sperimentazione dei farmaci nel Canton Ticino, territorio che sta alle cavie umane come la Silicon Valley sta ai computer. Dal suo osservatorio privilegiato, il dottor Zanini, 54 anni, laureato in Farmacia, monitora per dovere istituzionale l’ingente flusso di «frontalieri» dei test clinici che con regolarità si muove dal nostro Paese, destinazione Ticino.

LE TRASFERTE

Quello italiano, oltre a essere un popolo di santi e navigatori, è infatti pure un Paese di cavie. Una media, nella sola Svizzera del Canton Ticino, di 200 all’anno (in passato si sono toccate punte di 500): almeno la metà può fregiarsi dello status di fedelissimo, grazie a un regolare pellegrinaggio nella mecca delle medicine del futuro. Di solito non si va oltre le 3-4 trasferte. Ma c’è anche chi sceglie di essere un habitué dei laboratori, riuscendo a guadagnare bene. La paga, in tempi di crisi, non è affatto malvagia: retribuzione media tra i 600 euro (per un impegno di 2-3 giorni) fino a tremila euro (per test che possono durare varie settimane). Circa i rischi della sperimentazione farmacologica su soggetti umani il dibattito è aperto da sempre, ma spesso sui media impera la confusione. Ad esempio: può una nuova molecola essere testata su una cavia umana senza prima averla «provata» su una cavia animale? «No – chiarisce Zanini -. Qualsiasi molecola va prima studiata chimicamente in laboratorio, poi studiata su una cavia animale e infine – se gli esiti dei primi due step hanno garantito determinati esiti – somministrata alla cavia umana».

Quando c’è il via libera a questa terza opzione, la sperimentazione si suddivide in altre tre sottocategorie. Una fase 1 legata alla tolleranza (cui sono coinvolte decine di cavie umane), una fase 2 legata all’effetto (cui sono coinvolte centinaia di cavie) e una fase 3 legata all’utilità e all’efficacia della molecole (cui sono coinvolte migliaia di cavie). Solo se anche questa terza fase va a buon fine, la molecola viene commercializzata». Un protocollo impossibile da seguire in Italia, dove fare la cavia è proibito dalla legge. Ma sul punto Zanini non concorda: «In Italia la sperimentazione avviene ugualmente, ma la si pratica in maniera ipocrita. La legge infatti da una parte la proibisce formalmente ma dall’altra offre scappatoie che la consentono. La differenza è più che altro di tipo lessicale: in Italia si parla di rimborsi spese, mentre qui da noi non si ha vergogna a parlare di pagamento vero e proprio. In Svizzera si paga in franchi, in Italia in euro (200 al giorno)».

SI FA MA NON SI DICE

Quelle del dottor Zanini non sono illazioni. Nel giro di pochi minuti ci fornisce documenti e prove che dimostrano in modo inoppugnabile come la sperimentazione umana venga praticata anche in ospedali di varie città italiane come Milano, Cagliari, Pavia, Verona, Chieti e chissà quante altre. Non a caso ogni giorno, sul nostro territorio nazionale, circa 5mila persone si sottopongono a esperimenti (il 19% di tutti i test effettuati in Europa vengono eseguiti proprio in Italia). I forum specializzati sull’argomento «cavie umane» grondano di testimonianze pro e contro: si va da chi esalta la pratica definendola assolutamente non pericolosa, a chi denuncia enormi danni subiti che non valgono certo il cachet incassato.

«In Ticino non c’è nessun fenomeno di cavia-selvaggia – precisa Zanini -. Nonostante si tratti di sperimentazioni dalle controindicazioni limitate (i test avvengono per lo più per individuare farmaci generici bioequivalenti alle molecole dei originali farmaci «griffati» ndr), abbiamo istituito, fin dal 2000, un Comitato etico che veglia sulla sicurezza e il buono svolgimento degli esami. Le direttive prevedono una pausa di almeno 3 mesi fra un test biomedico e l’altro. Da una parte per tutelare la salute dei volontari, dall’altra per ripulire l’organismo, garantendo così la qualità della ricerca». Eppure il sospetto che in questo mondo possano nascondersi pratiche non sempre ortodosse resta.

Nel Ticino le ricerche sono una ventina all’anno e rappresentano per le holding del farmaco una gallina dalle uova d’oro. Ma c’è chi teme che sussistano notevoli sperequazioni tra gli elevatissimi margini di guadagno garantiti alle aziende e gli standard di sicurezza riservati agli sperimentatori. Già, gli sperimentatori. Chi sono? Da dove vengono? Che età hanno? Quale mestiere svolgono? Esiste un identikit della cavia umana-tipo? Una «fotografia» ufficiale non è disponibile ma, anche se lo fosse, sarebbe «schermata» dalla legge sulla privacy. In linea generale si sa però che la Lombardia è la regione che fa da maggiore serbatoio ai laboratori dove si testano le medicine del futuro.

LA CLASSIFICA

Al primo posto ci sono i milanesi, seguiti da varesini e comaschi. Il 75% sono maschi, per lo più under 30. Ma non mancano anche persone più avanti con gli anni. Nell’ultimo ciclo di test, più del 90% proveniva dalla Lombardia, regione privilegiata per la vicinanza ai centri dove si svolgono le sperimentazioni. È una questione di sicurezza, se qualcosa va storto è necessario capire subito qual è il problema e come agire. Come, ad esempio, è accaduto nel caso di una ragazza 24enne di Como che, a seguito di un test, fu ricoverata in ospedale per sopraggiunte complicanze: «In quell’occasione siamo intervenuti subito come Comitato etico, imponendo all’azienda farmaceutica di risarcire la paziente».

Dal registro top secret di Zanini emerge che fra i candidati cavie ci sono molti studenti universitari provenienti dalle facoltà di Medicina, Farmacia, Biologia o altri settori scientifici.È la tipologia di sperimentatore che preferiscono. I laureandi, essendo infatti degli addetti ai lavori, capiscono perfettamente i termini degli esperimenti cui vengono sottoposti. Dall’altra parte sono anche dei normalissimi giovani a cui un buon guadagno una tantum non può che fare piacere». A rimanere scontenti sono invece i disoccupati perchè chi non ha un’occupazione stabile o saltuaria non può essere ammesso ai test: la condizione di bisogno economico rappresenta un grave impedimento psicologico nella possibilità di scegliere liberamente di aderire alla ricerca. «E noi non abbiamo nessuna intenzione di passare per quelli che fanno proposte indecenti».

Redazione Fedaisf

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