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Bologna, il racket delle pompe funebri negli ospedali: 30 arresti. Manca il regolamento anticorruzione.

Bologna, il racket delle pompe funebri: 30 arresti. Duecento euro agli infermieri per un funerale. Furti e dileggio alle salme

“Gli ho messo una buccia di banana in mano, aveva fame…”. Le due bande avevano il monopolio delle camere mortuarie dei principali ospedali, Maggiore e Sant’Orsola. In carcere i titolari di Rip Service e Cif. Sigilli anche alle agenzie Golfieri, Franceschelli e Lelli. Codacons: “In Italia business da 3,5 miliardi”

R.it Bologna – di Giuseppe Baldessarro – 17 gennaio 2019

I carabinieri di Bologna hanno smantellato due cartelli di imprese di pompe funebri che controllavano le camere mortuarie dei due principali ospedali cittadini riuscendo in pratica ad avere il monopolio nell’aggiudicazione dei servizi funebri. Sono 30 le misure cautelari (9 in carcere, 18 arresti domiciliari e 3 divieti di esercizio dell’attività d’impresa) e 43 le perquisizioni eseguite da 300 militari che hanno sequestrato un patrimonio di 13 milioni di euro.

TUTTI I NOMI Gli indagati: infermieri e impresari

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Bologna, hanno consentito di disarticolare una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e riciclaggio. I due cartelli, come accertato dagli investigatori, si spartivano i servizi nelle camere mortuarie dell’Ospedale Maggiore e del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, ottenendo di fatto il monopolio nel settore.

Gli investigatori dei carabinieri hanno ricostruito due diverse piramidi ai cui vertici c’erano Giancarlo Armaroli, 68 anni, della “Rip Service srl” e Massimo Benetti, 63 anni, della “Cif srl” (entrambi arrestati). Due organizzazioni distinte che operavano alla stessa maniera, ma stavano ben attente a non “disturbarsi” tra di loro e che di fatto si erano spartite il mercato complessivo.

Al di sotto dei due “boss” agivano tutta una serie di soggetti, amministratori e dipendenti delle aziende di pompe funebri, che bazzicavano negli ambienti ospedalieri tenendo saldi rapporti con infermieri e dipendenti delle sale mortuarie. Ultimo anello dell’organizzazione erano proprio i dipendenti del Sant’Orsola e del Maggiore che svolgevano il ruolo di procacciatori d’affari e che indirizzavano i familiari delle persone decedute verso le società “amiche” ricevendone compensi che andavano dalle 200 alle 350 euro a funerale procacciato.

Denaro in nero che era gestito dai contabili delle aziende di pompe funebri attraverso un conto corrente sul quale nel giro di pochi mesi, secondo quanto accertato, sarebbero transitati centinaia di migliaia di euro. “Se dopo 20 anni che lavori nella sala mortuaria hai ancora da pagare il mutuo, vuol dire che non hai capito niente”, diceva uno degli infermieri intercettato dagli investigatori. Solti tanti soldi, tutti in nero (provenienti da una cassa occulta alimentata con false fatturazioni), per un servizio che per diversi anni ha completamente fatto saltare il mercato.

Non mancano agli atti dell’ inchiesta dei carabinieri  aspetti da cui, secondo gli investigatori, emerge il trattamento di spregio riservato alle salme. In un’intercettazione, un indagato dice infatti: “Ho un filmato dove lui mette una buccia di banana in mano ad un morto…”. Risposta: “Il morto, aspettando la barella… ha avuto fame!”.

In un’altra conversazione intercettata un’infermiera si definisce “la regina della camera mortuaria” e in un’altra ancora racconta al compagno dei beni presi a un defunto: “Amò…
ho trovato due anelli (…), l’ho messi già in borsa… però non so se è oro…”.

Stamattina i militari dell’arma hanno sequestrato sei diverse società. Oltre la “Rip Service srl” e la “Consorzio imprese funebri – Cif srl” i sigilli sono stati posti anche alla “Franceschelli srl”, alla “Lelli srl, impresa funebre dei fratelli Lelli”, alla “Oreste Golfieri srl” e alla “Centro servizi funerari srl”. Il giudice Alberto Ziroldi, su richiesta del pm Augusto Borghini, ha fatto sequestrare anche 5 immobili, 35 altre sedi societarie locali e 75 veicoli utilizzati dalle aziende per i servizi mortuari, per un valore complessivo di 13 milioni euro.

I cartelli di pompe funebri smantellati dai carabinieri di Bologna rappresentano “una goccia nel mare, perchè il fenomeno del racket del caro-estinto è ancora diffusissimo negli ospedali italiani”. Lo denuncia il Codacons, che da anni lancia l’allarme sui rapporti illegali tra infermieri, personale delle camere mortuarie e imprese funebri.

“Il business dei funerali raggiunge in Italia quota 3,5 miliardi di euro annui e vede attive nel nostro paese più di 5 mila imprese funebri – spiega il presidente Carlo Rienzi – Un giro d’affari enorme che fa gola a soggetti senza scrupoli, avvoltoi pronti a pagare profumatamente infermieri e medici per avere in tempo reale i nominativi dei deceduti, così da avvicinare i parenti del defunto e sfruttare la loro situazione di sofferenza e confusione, offrendo servizi funebri a tariffe maggiorate rispetto ai prezzi di mercato”. “In base ai calcoli del Codacons, infatti, – aggiunge –  i funerali con tangente incorporata costano mediamente il 30% in più rispetto ai costi medi dei servizi funebri”.

Il Codacons chiede dunque “di estendere i controlli in tutti gli ospedali italiani, al fine di stroncare le collusioni tra pompe funebri, infermieri e camere mortuarie, e invita i parenti dei defunti a non accettare mai l’offerta di agenzie che si presentano e offrono servizi senza essere state esplicitamente chiamate. Anche in queste situazioni drammatiche occorre avere il sangue freddo di dire un ‘no’ deciso”.

N.d.R.: Questi geni dell’anticorruzione locali e nazionali fanno assurdi, inutili e stupidi regolamenti, destinati all’inosservanza proprio per la loro inapplicabilità, per colpire il corruttore per antonomasia, l’ISF. E non s’accorgano che la corruzione ce l’hanno in casa! O forse …

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Redazione Fedaisf

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