NewsNote di redazione

Giornata nazionale contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari

L’anno scorso le segnalazioni complessive di aggressioni a operatori sanitari sull’intero territorio nazionale (a esclusione della Sicilia, che non ha trasmesso i dati) sono state oltre 16mila, per un totale di circa 18mila operatori coinvolti.

Il 12 marzo si é svolto un evento per la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari in collaborazione con l’INAIL per promuovere l’attenzione e l’informazione sulla preoccupante crescita di episodi di violenza nei confronti dei professionisti sanitari e socio-sanitari. Sono intervenuti il Ministro della Salute Orazio Schillaci e il Sottosegretario Marcello Gemmato. (fonte Ministero della Salute). Il Programma

N.d.R.: Ovviamente nessuno parla delle violenze verbali e non solo verbali di cui sono oggetto gli informatori scientifici nelle strutture sanitarie che devono frequentare …e non solo da parte dei pazienti! Evidentemente queste persone, che ignorano completamente la funzione che svolgono, considerano un informatore un essere privo di dignità umana ancor prima che professionale.


Giornata contro la violenza operatori sanitari, da FNOMCeO una campagna e due corsi di formazione

Una campagna social e due corsi di formazione a distanza, uno più generale e uno sulle tecniche di de-escalation e di gestione dell’aggressività e dello stress: sono queste le nuove iniziative messe in campo dalla FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri per prevenire le aggressioni contro gli operatori sanitari, annunciate oggi alla vigilia della Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari.

“I dati sono drammatici – afferma il Presidente della FNOMCeO Filippo Anelli – e dimostrano una crescita del fenomeno in tutte le Regioni. Poco più di un mese fa, in Puglia, sono stati resi noti i risultati di un’indagine esplorativa sul fenomeno della violenza nei confronti degli operatori sanitari afferenti al Sistema Sanitario Regionale pugliese, sviluppata dal Sistema Regionale di Gestione Integrata della Sicurezza sul Lavoro (SiRGISL), coordinato dal dott. Danny Sivo – dirigente responsabile UOSVD Sicurezza e sorveglianza sanitaria Asl Bt – con il supporto della Scuola di Specializzazione di Medicina del Lavoro dell’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, diretta dal Prof. Luigi Vimercati. Allo studio hanno partecipato tutte le 10 Aziende Sanitarie e tutti gli Ospedali e i Distretti della Puglia. I risultati attestano che circa il 42% degli operatori hanno riferito di aver subito una forma di violenza sul luogo di lavoro”.

Le categorie maggiormente interessate dal fenomeno sono state quelle dei medici (34,7% sul totale della categoria), degli infermieri (32,9%) e dei farmacisti ospedalieri (31,9%). L’87% ha subito aggressioni verbali, il 12% violenza fisica, il 3% molestie. La maggior parte delle aggressioni sono state perpetrate dai pazienti (47,6%) e dai loro parenti (42,3%). Oltre il 90% degli episodi di violenza hanno avuto luogo all’interno delle strutture ospedaliere. Il rischio di aggressione è risultato superiore in occasione del turno notturno (35,1%).
Di particolare interesse i dati sulle cosiddette Unità Operative “difficili”, Case circondariali e REMS, le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza: in queste ultime, la percentuale di operatori sanitari aggrediti sale all’81%.

“A livello nazionale – continua Anelli – sono di stamattina i dati diffusi dal Sindacato Anaao-Assomed: l’81% dei medici che ha risposto al suo sondaggio riferisce di essere stato vittima di aggressioni fisiche (il 23%) o verbali (77%). Mentre il sindacato Cimo-Fesmed stima in 2500 le aggressioni, denunciate, che si verificano ogni anno in sanità”.

“Bisogna intervenire – conclude Anelli – e bisogna farlo subito. Occorre dare piena applicazione alla Legge 113/2020 sulla sicurezza degli operatori: le aziende devono adottare protocolli per segnalare alle autorità competenti tutti gli episodi di violenza, in modo da attivare la procedibilità d’ufficio. Occorre agire sulla sicurezza delle sedi e degli operatori. Occorre anche una rivoluzione culturale, per cui il medico torni ad essere visto come attore della relazione di cura, e non come bersaglio da colpire. Occorrono politiche di risk management, di formazione degli operatori, di comunicazione verso i pazienti. Da qui nascono le nuove iniziative di FNOMCeO, che mirano, da una parte, a formare e informare i medici e, dall’altra, a sensibilizzare la popolazione su questo fenomeno che è una delle cause di abbandono del Servizio sanitario nazionale da parte dei nostri professionisti. Ringraziamo il Ministro della Salute Orazio Schillaci, che abbiamo sentito accanto a noi per ridurre e prevenire il fenomeno, insieme al Governo tutto”.

La campagna: “Diciamo basta alla violenza contro i medici”

“Volevo fare il medico per salvare vite, e a stento ho salvato la mia: diciamo basta”.

A pronunciare questa drammatica frase, una dottoressa con il volto tumefatto e coperto da lividi. È lei la protagonista della nuova campagna della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, lanciata oggi alla vigilia della Giornata contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari.

“Nemmeno ricordo come sia iniziata – riflette il medico nello spot che sarà diffuso da domani sui social della FNOMCeO – continuava a picchiarmi. Credevo di morire”.

“Gli abbandoni della professione medica per le aggressioni subite – commenta una voce fuori campo – sono in continuo aumento. E il cittadino rimane senza cure”.

E infatti nell’ultima scena si vede un pronto soccorso deserto, mentre un paziente si aggira per le stanze vuote cercando aiuto.

“Salviamo il Servizio sanitario nazionale – è il claim conclusivo – diciamo basta alla violenza contro i medici”.

“Le continue aggressioni – afferma il Presidente della FNOMCeO Filippo Anelli – sono uno dei motivi per i quali sempre più medici abbandonano il Servizio Sanitario Nazionale, per il privato, l’estero, la libera professione, il prepensionamento. Abbiamo scelto immagini forti per lanciare un messaggio ancora più forte: alla fine, chi rimane vittima di questa ondata di violenza è proprio il cittadino, che rischia di rimanere senza cure. Perché, come dicevamo in una delle nostre prime campagne sul tema, chi aggredisce un medico aggredisce sé stesso”.

La campagna sarà declinata in uno spot e in un’immagine statica, che saranno diffusi sui social e messi a disposizione degli Ordini territoriali anche per la diffusione come manifesti e sulle tv locali.

Scarica il video e il manifesto: https://we.tl/t-IlhYI2F60d
Guarda il video: https://youtu.be/b9ZS_gl1O9Q

I corsi di formazione: “Conoscere per prevenire”

Sono due i corsi di formazione a distanza, gratuiti e accreditati nell’ambito del programma di Educazione continua in Medicina, messi a disposizione dalla FNOMCeO per informare i medici sulla violenza e la sua possibile prevenzione.

Il primo, “La violenza nei confronti degli operatori sanitari”, coordinato dal Gruppo di Lavoro FNOMCeO per la sicurezza degli operatori, è già on line da inizio anno: analizza le cause del fenomeno e le conseguenze fisiche e psichiche delle aggressioni, che non si limitano al momento dell’episodio ma che si trascinano nel tempo, con forme di ansia e depressione e di minore soddisfazione nell’attività lavorativa quotidiana.

Un’indagine tramite un questionario, elaborato dal Gruppo di Lavoro FNOMCeO per la sicurezza degli operatori, permetterà di avere un quadro d’insieme del fenomeno, monitorando le aggressioni fisiche e verbali, la messa in sicurezza delle sedi e il rischio di burnout dei professionisti.

Il secondo corso, on line dall’estate, sarà tenuto dallo psichiatra e criminologo Massimo Picozzi e verterà sulle tecniche di de-escalation, di gestione dell’aggressività e dello stress, di comunicazione con pazienti e familiari.

È questo il terzo corso che vede come docente il collega Picozzi – commenta il Segretario della FNOMCeO, Roberto Monaco – dopo il corso “C.A.R.E” del 2019, sempre sulla prevenzione della violenza, e quello “A.B.C.D.E.” del 2020 sul burnout”.

“Particolare attenzione – spiega – sarà dedicata ai fattori di rischio, alle trappole mentali che non permettono di riconoscerli, alla valutazione di una situazione aggressiva in divenire per un intervento precoce. I partecipanti potranno apprendere tecniche di gestione dello stress, di valutazione dello stato mentale, di de-escalation e di comunicazione nei confronti di familiari e accompagnatori. Si parlerà anche del debriefing post evento – il trattamento psicologico dopo un trauma quale è appunto l’aggressione – e di come riconoscere i sintomi psicologici della violenza domestica”.

Ufficio Stampa FNOMCeO


Fimmg. “Minacciata con pistola”, “preso a calci”:

Fimmg – 8 marzo 2024

“Quando ripenso a quell”uomo che mi ha puntato una pistola minacciandomi e ai rischi che ho corso mi sento una sopravvissuta. Per un istante ho pensato di morire. La paura era fortissima, mi sentivo pietrificata ma decisa a continuare il mio lavoro, seppur tremando, perché i pazienti avevano bisogno di me. Era il 2017, impossibile dimenticare anche a distanza di anni”. Ricorda tutto di quella maledetta sera di fine febbraio Ombretta Silecchia quando fu aggredita e minacciata da un uomo armato durante il turno di guardia medica in un Centro di continuità assistenziale di Statte, in provincia di Taranto. E oggi, medico di medicina generale a Bari, “la mia città”, Silecchia torna a rivivere quell”esperienza con l”Adnkronos alla vigilia della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, che dal 2022 si celebra il 12 marzo.

La minaccia dopo il rifiuto dell’ennesima prescrizione di un farmaco analgesico di cui l’uomo abusava da anni, “un pregiudicato agli arresti domiciliari, assiduo frequentatore della guardia medica – racconta Silecchia – Nonostante la prescrizione gli fosse stata fatta la sera prima, per lui non era sufficiente. Al mio rifiuto protestò, poi tornò la sera dopo con la pistola”. Quella sera stessa, alla fine del turno di lavoro, la dottoressa denuncia l”accaduto ai carabinieri. “Grazie a quella denuncia l”uomo è tornato in carcere”, perché, oltre alle minacce alla dottoressa era anche evaso dagli arresti domiciliari.

“Io preso a calci da un mio assistito con il mal di denti, non riesco a dimenticare quella violenza. Era impaziente, non voleva aspettare il suo turno, e nonostante le mie rassicurazioni in un accesso d’ira, mi ha preso a calci, provocandomi la frattura ad una falange della mano destra, rivolta verso l’aggressore nel tentativo di schivare i colpi”. È il racconto di Giulio Minoretti, 60 anni, da 20 medico di medicina generale, aggredito nel suo ambulatorio a Bitonto (Bari) poco prima del Natale 2022. Tempestivo “l”intervento del personale dell’ambulatorio che ha chiamato le Forze dell”ordine – ricorda Minoretti – che giunte sul posto, lo hanno denunciato in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Bari per aggressione a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio e lesioni gravi”.

Fonte Adnkronos


Notizie correlate:

INAIL. Violenza nei confronti degli operatori sanitari, gli ultimi dati dell’Inail presentati al Ministero della Salute

INAIL – 12 marzo 2024

Nel corso dell’evento organizzato a Roma per celebrare la terza Giornata di educazione e prevenzione sono stati illustrati anche i risultati del secondo monitoraggio effettuato dall’Osservatorio nazionale istituito nel 2022

ROMA – In occasione della terza edizione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, che dal 2022 viene celebrata ogni anno il 12 marzo, gli ultimi dati dell’Inail su questo fenomeno sono stati presentati a Roma nel corso del convegno che si è svolto presso la sede del Ministero della Salute di Lungotevere Ripa, alla presenza del ministro Orazio Schillaci, del commissario straordinario dell’Inail, Fabrizio D’Ascenzo, della presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, Martina Semenzato, e del sottosegretario di Stato alla Salute, Marcello Gemmato.

Schillaci: “Siamo impegnati per rafforzare le misure di protezione”. “Questa ricorrenza – ha detto il ministro – ha una valenza significativa che però non esaurisce quella che è la nostra attenzione alla sicurezza dei medici, degli infermieri e di tutti gli operatori socio-sanitari, che hanno il diritto di poter lavorare senza temere per la propria incolumità. I dati, purtroppo, raccontano storie di donne e uomini che hanno subito aggressioni che comportano sofferenza, paura di tornare al lavoro, ricadute emotive e psicologiche e, nei casi più tragici, lutti e dolore per le famiglie”. Dopo aver ricordato l’omicidio della psichiatra Barbara Capovani, avvenuto a Pisa quasi un anno fa, Schillaci ha sottolineato l’importanza delle ultime norme introdotte a tutela degli operatori sanitari, “dalla procedibilità d’ufficio per gli autori delle aggressioni all’inasprimento delle pene, insieme al potenziamento dei presidi di polizia negli ospedali. Il Ministero della Salute, inoltre, è impegnato direttamente nel rafforzare le misure di protezione attraverso l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, che abbiamo immediatamente convocato subito dopo il mio insediamento. In quell’occasione ho chiesto di efficientare le attività di monitoraggio, prevenzione e formazione”.

D’Ascenzo: “Dall’analisi del fenomeno indicazioni utili per sviluppare strategie efficaci”. “Questa Giornata – ha spiegato D’Ascenzo – è frutto dell’impegno costante che il Ministero della Salute e l’Inail hanno portato avanti nel corso del tempo. La raccolta dei dati su questo fenomeno particolarmente odioso ci mette nelle condizioni di individuarne le cause e sviluppare le strategie più efficaci per prevenirlo”. Da parte dell’Istituto, ha aggiunto il commissario straordinario, “c’è l’impegno a proseguire in questa direzione, approfondendo ulteriormente le analisi e definendo protocolli per aiutare il personale sanitario. È altrettanto importante, però, puntare sempre di più sulla sensibilizzazione delle persone per valorizzare la dedizione degli operatori sanitari, che spesso operano in condizioni molto difficili, e far capire che sono lì per aiutarci, non certo per sfavorirci”.

Nel triennio 2020-2022 registrati circa seimila casi. Come evidenziato da Silvia D’Amario, coordinatrice generale della Consulenza statistico attuariale (Csa) dell’Inail, nel 2022 i casi di violenze, aggressioni e minacce nei confronti del personale sanitario accertati dall’Istituto sono stati 2.243, in aumento del 14% rispetto all’anno precedente. Si tratta soprattutto di episodi di violenza esercitata da persone esterne all’azienda (reazioni da parte dei pazienti o dei loro familiari) e, in minor misura, di liti e incomprensioni tra colleghi. Nel triennio 2020-2022 i casi di violenza nella sanità e assistenza sociale sono stati circa seimila, con un’incidenza del 41% rispetto a tutti quelli registrati nello stesso periodo tra i lavoratori dell’Industria e dei servizi. Circa il 70% ha riguardato le donne, mentre per entrambi i generi il 39% interessa personale socio-sanitario tra i 50 e i 64 anni (per le donne la quota sale al 40%), poco più del 36% tra i 35 e i 49 anni, il 23% fino a 34 anni e l’1% oltre i 64 anni.

Quasi un episodio su tre nel Nord-Ovest. La categoria dei tecnici della salute è quella più coinvolta in violenze e aggressioni, con circa il 41% del totale, seguita dalle professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali (27%) e da quella dei servizi personali e assimilati (13%). Più distaccata, con il 3,5% dei casi di aggressione in sanità, la categoria dei medici, che non include nell’obbligo assicurativo Inail i medici di base e i liberi professionisti. Quasi un’aggressione su tre è avvenuta nel Nord-Ovest (17% in Lombardia e 8% nel Piemonte), il 28% nel Nord-Est (14% in Emilia Romagna e 9% in Veneto), il 22% nel Mezzogiorno (7% in Sicilia e 5% in Puglia) e il 19% al Centro (9% in Toscana e 6% nel Lazio). Circa il 59% dei casi ha comportato una contusione, il 22% una lussazione, distorsione e distrazione, l’8% una frattura e il 7% una ferita. La principale sede del corpo coinvolta nelle violenze è la testa (13% faccia, 9% cranio, 4% naso), seguita da parete toracica (9%), cingolo toracico (8%), polso (7%) e colonna vertebrale/cervicale (6%).

Gli identikit di aggrediti e aggressori. L’identikit principale della vittima tracciato dalla Sovrintendenza sanitaria centrale dell’Inail, sulla base dei dati forniti dalla Csa, è quello di una donna di età compresa tra 51 e 60 anni, di nazionalità italiana, che vive in Lombardia o Emilia Romagna, lavora come operatore socio-sanitario o infermiera in struttura ospedaliera o in Rsa, prevalentemente in ambito psichiatrico o dell’emergenza/urgenza, ha subito violenza fisica, colpita con pugni o calci o con afferramento, ha riportato contusioni con assenza per malattia mediamente di 22 giorni e, nella quasi totalità dei casi, menomazioni micropermanenti valutate fino al 5%. Un ulteriore identikit dell’aggredito è quello dell’educatore professionale che opera in strutture diverse come gli istituti scolastici, le comunità socio-educative e le case circondariali, che rappresenta la terza figura maggiormente oggetto di episodi di violenza. L’aggressore, invece, è una persona assistita affetta da disabilità intellettiva o psichica o in stato di agitazione.

Ridurre burocrazia e tempi di attesa per migliorare la prevenzione. L’analisi qualitativa presentata dal sovrintendente sanitario centrale dell’Istituto, Patrizio Rossi, ha consentito anche di rilevare alcuni spunti propedeutici ad azioni di prevenzione. La complessa relazione tra l’operatore sanitario, i pazienti o i loro familiari, dalla quale possono sfociare episodi di aggressione, può essere migliorata per esempio attraverso procedure organizzative volte a ridurre la burocrazia e i tempi di attesa per l’erogazione delle prestazioni sanitarie, ad aumentare e rendere più puntuale l’informazione e a incrementare la partecipazione, con l’eliminazione di barriere culturali e linguistiche. Fondamentale, inoltre, è lo sviluppo di ulteriori indagini qualitative su questo fenomeno ancora fortemente sottostimato.

Nel monitoraggio dell’Onseps oltre 16mila segnalazioni. Con l’obiettivo di fornire un quadro informativo ancora più completo, che comprenda oltre alle aggressioni fisiche anche quelle verbali e contro la proprietà degli operatori sanitari, l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie (Onseps), istituito nel 2022 presso il Ministero della Salute con specifici compiti di studio e promozione di iniziative di prevenzione, ha effettuato un monitoraggio da cui emerge che l’anno scorso le segnalazioni complessive di aggressioni a operatori sanitari sull’intero territorio nazionale (a esclusione della Sicilia, che non ha trasmesso i dati) sono state oltre 16mila, per un totale di circa 18mila operatori coinvolti. Nel 68% dei casi si è trattato di aggressioni verbali, mentre il 6% è avvenuto contro beni di proprietà del professionista sanitario aggredito.

Pronto soccorso e aree di degenza i luoghi più a rischio. In linea con i dati rilevati dall’Inail e con la composizione di genere del personale sanitario, a segnalare due terzi di queste aggressioni sono state professioniste donne e gli aggressori principalmente utenti/pazienti. Le fasce d’età più colpite sono quelle tra i 30-39 anni e tra i 50-59 anni. La professione più interessata è quella degli infermieri, seguita da medici e operatori socio-sanitari, mentre i luoghi più a rischio sono risultati essere i pronto soccorso e le aree di degenza. Per quanto riguarda la formazione degli operatori sanitari, che rappresenta una delle misure di prevenzione, nel corso di quest’anno partiranno attività formative secondo gli standard minimi individuati dall’Onseps in collaborazione con l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Come ha spiegato Claudio Costa, coordinatore dell’area tecnica risorse umane della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, un altro elemento di criticità è rappresentato dalla carenza di risorse umane, individuata come prima causa da rimuovere per combattere il fenomeno delle aggressioni ai danni del personale sanitario. Questa misura va associata con altri interventi organizzativi che consentano agli operatori di non lavorare da soli, soprattutto nelle situazioni a maggior rischio.

Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e socio-sanitarie – Relazione attività anno 2023

 

 

Redazione Fedaisf

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