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Coronavirus. Farmindustria non prende posizione sulla attività degli ISF nelle zone “rosse”. Le aziende facciano quello che credono. Sindacati: garanzie ai lavoratori. Alle P.IVA prevista una indennità

A quanto ci è dato sapere Farmindustria ha ricevuto la richiesta della Regione Emilia Romagna di valutare l’opportunità di sospendere le attività di informazione e promozione che non rivestono carattere d’urgenza.

Farmindustria si sarebbe limitata ad inoltrare la richiesta agli associati allegando anche l’Ordinanza del Presidente Regionale.

In pratica Farmindustria, senza esprimere alcun giudizio, ha lasciato che le singole aziende associate decidessero singolarmente in autonomia.

Ovviamente questo ha lasciato una grande disparità di comportamenti: c’è chi tiene a casa gli ISF in tutte le regioni in cui c’è qualche ordinanza, altre sospendono l’attività degli ISF solo nelle zone “impattate”, altre costringono gli ISF a continuare a visitare i medici e chi è a (falsa) partita IVA si arrangi.

L’esigenza, per chi non vuole capirlo, in questa situazione di potenziale aumento dei casi, non è solo quella di evitare in tutti i modi possibili che gli ISF possano essere esposti al rischio di contagio ma evitare anche che gli stessi ISF diano luogo a prevedibili effetti esponenziali nella trasmissione della patologia con particolare riferimento alla platea di pazienti più suscettibili per rischio complicanze o morte che frequentano costantemente gli ambulatori dove devono recarsi gli ISF.

Le aziende farmaceutiche hanno la fama peggiore presso la popolazione, solo dopo i trafficanti di armi. È una fama che si meritano.

Silenzio assoluto da parte di chi dovrebbe intervenire.

Notizie correlate: L’Ordinanza in Emilia Romagna


Sindacati. Coronavirus, «dare garanzie al lavoro»

Vertice al ministero del Lavoro tra governo e sindacati che chiedono “un provvedimento che copra tutti i lavoratori, non solo della zona rossa”. Landini: “Serve un coordinamento tra tutti i ministeri”. Catalfo: 21 milioni per la cig in deroga

“Un provvedimento in grado di coprire tutti i lavoratori, non solo della zona rossa, ma tutti quelli che saranno coinvolti”. Lo hanno chiesto le organizzazioni sindacali nel corso del tavolo al ministero del Lavoro sul Coronavirus che si è svolto nella serata di martedì 25 febbraio.

“È necessario utilizzare le risorse, estendere una serie di ammortizzatori che già ci sono e utilizzare la cassa in deroga”, ha spiegato al termine del confronto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che ha definito “interlocutorio” l’incontro, anche a causa del concomitante consiglio dei ministri. “Abbiamo ribadito la necessità di un coordinamento tra tutti i ministeri – ha aggiunto Landini – e che la presidenza del Consiglio ci convochi. E abbiamo anche chiesto di conoscere il testo prima che venga varato il decreto”. “E’ necessario – ha concluso – che si indichi un percorso comune di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro”.

Secondo quanto comunicato dalla ministra Catalfo nel decreto allo studio del governo ci sarebbe la cig in deroga per le aziende sotto i sei addetti e per chi non ha strumenti di sostegno al reddito nelle zone rosse. Per questo intervento lo stanziamento previsto sarebbe di 21 milioni di euro. Una cifra definita “insufficiente” da Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl. “La garanzia che abbiamo chiesto per la cig in deroga è che si preveda una cifra che faccia stare tranquilli i lavoratori – ha detto – La situazione potrebbe diventare molto complicata e meno male che c è lo smart working che può essere uno strumento valido, ma che deve essere però rispettoso del contratto nazionale, quindi senza accordo deve durare un periodo molto breve. Ci hanno parlato di 15 giorni”.

Per i lavoratori autonomi e partite Iva delle zone rosse colpite dal Coronavirus sarà prevista invece un’indennità fino a 500 euro per un massimo di tre mesi. 

rassegna.it – 25 febbraio 2020

Redazione Fedaisf

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