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Inappropriatezza prescrittiva: dai nuovi Lea una stretta, ma i medici non ci stanno

Il tema dell’inappropriatezza delle prescrizioni, rilanciato dall’ultimo Rapporto Osmed e affrontato anche nel testo dei nuovi Lea (Livelli Essenziali di Assistenza, esaminati mercoledì prossimo dagli assessori regionali), non convince la categoria dei medici. «Questi controlli già esistono – spiega a DoctorNews33 Roberto Lala, presidente dell’Ordine dei medici e odontoiatri di Roma – ma il medico ha, rispetto al passato, una maggiore necessità di aumentare le prescrizioni perché oggi sono maggiori i rischi di incorrere in accuse di malpractice».

Presidente, sono stati annunciati 470 milioni di euro in più nei Lea di prossima emanazione. Un bel traguardo o ancora pochi?
Sicuramente non sono molti perché i livelli essenziali di assistenza, cioè quelle prestazioni per cui è essenziale intervenire dal punto di vista pubblico, avrebbero bisogno di più fondi. Ma considerando il momento economico e sociale che sta attraversando il Paese, è già un bel passo avanti.

Tra le misure preannunciate ci saranno più controlli ai medici per verificare la corrispondenza tra prestazioni prescritte e diagnosi per una maggiore appropriatezza delle prescrizioni. Perché questa misura?
Perché, come sempre, si cerca di risolvere il problema dalla fine e non dall’inizio. I controlli sull’appropriatezza prescrittiva si fanno già da molto tempo ed esistono già delle procedure ben precise. Il problema non è la mancanza di appropriatezza da parte del medico perché non sa cosa serve o vuole prescrivere cose inutili, quella che potrebbe essere evidenziata come inappropriatezza, ma non lo è, è la necessità di una prescrittività nettamente superiore rispetto al passato per non incorrere in quella che viene comunemente definita malpractice. Laddove il medico si trovi in una situazione di ipotetica diagnosi, ma non abbia certezze matematiche e si ritenga costretto ad attuare quelle procedure legate a nuovi accertamenti ematochimici, diagnostici non è inappropriato se il medico prescrive questi accertamenti perché non ha la certezza della diagnosi. Il rischio è che poi lo si accusi di non aver fatto tutto il possibile per il paziente. L’inappropriatezza è una bella parola, ma per poter procedere ad una riduzione delle richieste di accertamenti diagnostici o tecnici bisogna che siano maggiori strumenti ai medici.

E’ plausibile che la misura non venga accolta bene dalla categoria?
Io credo che quando si danno restrizioni del genere si crei inevitabilmente malumore. Ma non so che cosa si possa ottenere con una misura del genere, visto che i controlli esistono già. Qual è la novità di questa misura?

Dal rapporto Osmed vengono fuori livelli di inappropriatezza soprattutto nell’utilizzo degli inibitori di pompa e degli antibiotici. Come mai?
Perché sono due farmaci molto utilizzati per evitare il rischio che intervengano fattori di aggravio del paziente. Oggi ad esempio, se lei facesse un giro fra la popolazione e chiedesse pareri sull’influenza e la necessità di utilizzare una terapia antibiotica, le direbbero tutti che è necessaria quando sappiamo invece che, se l’influenza è solo di natura virale, l’antibiotico non serve a nulla. Ma al di là dell’effetto ottenuto, si preferisce prescrivere questi farmaci per evitare complicanze, soprattutto nella popolazione anziana con patologie croniche.

Rossella Gemma – Giovedì, 29 Gennaio 2015 – Doctor33

Notizie correlate: Farmaci generici, Osmed: iniziano a convincere gli italiani

Farmaci: Aifa, acquisti invariati nel 2014; 23 confezioni a testa. L’uso dei farmaci in Italia – Rapporto OsMed (gennaio – settembre 2014)

Lea, da Ministero una proposta. A breve incontro con le Regioni

Una proposta ministeriale, arrivata con un mese di ritardo rispetto alle previsioni del patto per la salute, che costerà 460,7 milioni di euro in più per il Ssn, con maggiori costi stimati in 1,99 miliardi e misure di contenimento che potrebbero valere 1,54 miliardi. Molte le novità contenute nella revisione dei Lea, secondo le anticipazioni che sono circolate, e la discussione tra Ministero della salute e assessori regionali dovrebbe iniziare con l’incontro di mercoledì. Il principio che si vorrebbe far valere è quello dell’appropriatezza in nome di un contenimento degli sprechi e complessivamente il documento presenta diversi nuovi ingressi di prestazioni e servizi, tra cui per esempio l’epidurale e 110 nuove patologie rare, oltre a dispositivi per le categorie più deboli. Per mettere in atto il principio dell’appropriatezza, a fronte di nuove prestazioni diagnostiche, le prescrizioni dei medici saranno controllate dalle regioni in modo che esame e diagnosi siano coerenti – prevista per 160 esami di assistenza specialistica ambulatoriale del precedente nomenclatore – e per altre 35 prestazioni, sarà possibile fare il secondo accertamento se il primo non dà un esito certo. Inoltre introdotto il concetto di una limitazione delle condizioni di erogabilità come già avviene oggi per le note Aifa sui farmaci. In generale, sul fronte vaccini previsti gratuitamente varicella, pneumococco, meningococco e vaccino anti HPV. Per quanto riguarda l’assistenza integrativa e protesica ci potranno essere alcuni nuovi ingressi: per esempio prodotti “aproteici” per i malati nefropatici cronici e prodotti addensanti. Novità anche per dispositivi e ausili oggi non compresi, in particolare destinati a pazienti con difficoltà. E sul fronte dell’assistenza ospedaliera fanno ingresso l’epidurale, screening neonatale. In questo caso tra le misure di contenimento saranno previsti meccanismi per le regioni per ridurre il ricorso ai parti cesarei e il trasferimento di molte prestazioni diagnostiche da day hospital a regime ambulatoriale soggetto a ticket, oltre a una maggiore appropriatezza per day surgery e ricoveri ordinari di lungodegenza e riabilitazione. Per quanto riguarda le patologie, dovrebbero far ingresso, tra le altre, broncopneumopatie croniche ostruttive, endometriosi, oltre a 110 nuove patologie rare e al passaggio di sindrome di Down e celiachia da malattie rare a malattie croniche.
Francesca Giani – Giovedì, 29 Gennaio 2015 – Farmacista33

Osmed, ricorso alla distribuzione diretta pesa quattro volte la Dpc

Nell’ambito di una spesa territoriale che cala dell’1,7% nei primi nove mesi del 2014 rispetto all’anno precedente, c’è una spesa per la distribuzione diretta e la distribuzione per conto di fascia A che aumenta, con un +3,3%, anche se con una crescita più bassa rispetto al periodo 2013-2012, dove aveva segnato +5,5%, e tale voce è compensata da una convenzionata netta che scende del 3,3%. Nella ripartizione percentuale, poi, della spesa farmaceutica tra diretta in senso stretto e distribuzione per conto, il rapporto risulta circa di quattro a uno. A mettere in luce l’andamento il Rapporto Osmed sull’uso dei Farmaci in Italia presentato dall’Aifa che fa il punto: «Nei primi mesi del 2014» si legge infatti nel rapporto «la spesa per i farmaci erogati attraverso la distribuzione diretta e per conto è stata pari a 4 miliardi di euro, a sua volta composta per 3,2 miliardi di euro dalla spesa diretta in senso stretto (per ogni classe di rimborsabilità) e per 861 milioni di euro dai medicinali erogati in distribuzione per conto. La spesa è costituita per il 56,3% dai farmaci di classe A, per il 42,6% dai farmaci di classe H e per il rimanente 1,1% dai farmaci di classe C». Scendendo nel dettaglio, «i primi tre principi attivi a maggior spesa erogati in distribuzione diretta sono rappresentati dall’adalimumab (165,8 milioni di euro), dall’etanarcept (148,3 milioni di euro), e dall’interferone beta (122,5 milioni di euro)». Va detto che la «spesa dei farmaci erogati in distribuzione diretta e per conto e in ambito ospedaliero, trasmessa dalle regioni e registrata attraverso i flussi NSIS, presenta un variabile grado di completezza ed in ogni caso è soggetto ad un consolidamento progressivo in corso d’anno». Per quanto riguarda il livello regionale, «nel 2014 tutte le regioni hanno adottato la distribuzione diretta, mentre l’Abruzzo è l’unica regione che non utilizza la distribuzione per conto. La Sicilia l’ha avviata nel 2014». Per quanto riguarda la ripartizione percentuale della spesa farmaceutica tra distribuzione diretta in senso stretto e distribuzione per conto, «a livello nazionale è pari rispettivamente al 78,7% e al 21,3%; tuttavia vi sono rilevanti differenze regionali, in quanto vi sono regioni che ricorrono in modo più esteso alla distribuzione diretta (Emilia Romagna, Sicilia e Lombardia) rispetto ad altre regioni nelle quali tale canale alternativo è relativamente meno utilizzato (Molise, Valle d’Aosta e Calabria)». Per fare qualche esempio, l’Emilia Romagna presenta una percentuale di distribuzione diretta del 92,9%, la Sicilia del 88,5%, la Lombardia del 84,9%, la Liguria del 84,8%. Mentre per esempio il Molise ha una percentuale di distribuzione per conto di 43,2%, la Vda, che ha appena rinnovato l’intesa, del 43,1%, la Calabria del 41,0% e il Lazio del 39,3%. Inoltre «relativamente all’assistenza farmaceutica ospedaliera, le regioni che registrano la maggior spesa per consumo di medicinali in ambito ospedaliero – in valore assoluto – sono la Lombardia (222,1 milioni di euro), seguita dalla Toscana (213,3 milioni di euro) e dal Veneto (205,8 milioni di euro)».

Francesca Giani – Giovedì, 29 Gennaio 2015 – Farmacista33

 

Redazione Fedaisf

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